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lunedì 11 gennaio 2010

Svegliarsi...a cuscinate.

Ho pensato corresse, in realtà lui stava solo camminando. Io ero lento, pesante, i piedi affondavano e l'angoscia saliva. Soffiava il vento, le mani erano ghiacciate, lo stomaco chiuso dalla paura, i denti serrati, l'avevo anche fatta sotto. Le orecchie erano come tappate, sentivo soltanto il battito che bussava da dentro e che era lento quanto me. Ero perso. E sempre più lontano, sempre più su, quell'uomo saliva mentre io restavo lì. L'unica parte agile del mio corpo era il cervello: pensavo, lo facevo in fretta, correvo tra le idee. Mia moglie, mio figlio, i miei. Mi guardavo attorno, cercavo di risolvere, facevo come le scimmie di Kohler, ma niente. D'un tratto mi arrivò una pallata di neve in faccia, e poi un'altra mentre cercavo di ripulirmi e respirare, e subito un urlo, vivo, vicino, assordante.
-Papà, sveglia!
Era mio figlio e in faccia avevo beccato una cuscino, quello di mia moglie che cercava di svegliarmi. Che bello però svegliarsi a cuscinate.

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