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martedì 27 luglio 2010

La famiglia

Si era alzato presto, come ogni giorno, ma questa volta ancor più. Si dormiva male con la testa piena di pensieri. La figlia era rimasta incinta, la moglie si lagnava in continuazione e la suocera … non ne parliamo. Lui era un uomo distinto, sempre serio, sorrideva di rado e solo per convenzione. Odiava le medicine, si curava con metodi antichi ed aveva la mania del lotto. Quel giovedì non avrebbe potuto giocare nulla di significativo visto che non riuscì a sognare. Anna, la moglie, ormai non lavorava più e aveva così tutto il giorno, tolto il tempo di cucinare il minimo, spolverare poco e stirare praticamente mai, dicevo, di starsi a scervellare su come avrebbe dovuto fare la figlia per risolvere e mantenere il buon nome che la famiglia aveva. E dai oggi, così come domani e i giorni a seguire, Anna si prese un bell’esaurimento. La madre, Gina, di anni ne aveva 83 e sembrava non volesse lasciar mai il potere che le donne di un tempo avevano, almeno in casa. La signora batteva i piedi se non si faceva come diceva lei, minacciava di non dare più quelle quattro lire di pensione per fare la spesa. Già, vivevano tutti assieme, appassionatamente di sicuro, viste le passioni che si provavano lì dentro. Una casa modesta, tirata su con i sudori di quel povero uomo che non aveva mai preso un giorno di malattia. Questo uomo non è Lino, il marito il padre e il genero, ma il signor Buotta, marito di Gina, padre di Anna e nonno di Silvia. Silvia aveva ventinove anni, a diciotto si era innamorata follemente ma la storia non andò a buon fine. Diciamo che una fine ci fu e non fu piacevole. La ragazza aveva sperato che il suo principe la portasse via, credeva nell’amore, in quello che ti fa battere forte il cuore e che ti sazia. Sì, voleva andarsene, lei non ci stava un granché bene a casa, soffriva il matriarcato. Ora Silvia aspettava Nicola, lo voleva chiamare così, un bambino che le avrebbe dato l’opportunità di essere come avrebbe voluto fosse sua madre. Lorenzo era il padre del bimbo, lui era dolce sensibile affidabile, era tutto quanto non era stato l’altro. Cani e gatti non ce n’erano, e nemmeno canarini o pesci rossi. La famiglia era tutta qui.

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