Vero, sicuramente, rappresenta la realtà così come molti di noi la possono vivere ed osservare. L’attenzione tipica al carattere dei personaggi permane in tutte le 191 pagine del libro, Licalzi in questo è un portento ( penso sia anche un po’ la deformazione professionale, quella dovuta alla professione dello psicologo).
La cosa che mi delude un po’ è la sfrontatezza dell’autore che emerge intitolando un capitolo “L’Aurelio Fierro che è in noi”. Mi spiego. Mentre di solito lascia libero il lettore nel ritrovarsi nei vari personaggi dei suoi libri, sta volta Licalzi è come se imponesse chi legge a scandagliare nella propria personalità, quindi a confrontarsi con i tratti del personaggio napoletano. E' anche vero che poi l'autore si fa facilemtne perdonare qundo tira fuori la pillola di saggezza che nasconde bene in ogni suo libro:
E' terribile come spesso sia la vita ad ucciderci, non la morte, come giorno dopo giorno ci faccia dimenticare i nostri sogni, e perfino di averli sognati...Perchè in fondo basterebbe questo: ricordare di aver avuto dei sogni, non è molto ma è già qualcosa, pazienza se non si riesce a realizzarli tutti, almeno non dimenticarsi di averli fatti! E però è incredibile come sempre lei, la vita, ci dia la possibilità di rinascere, se solo abbiamo il coraggio di farlo, se abbiamo il coraggio di liberare l'aurelio Fierro che è in noi.
E' proprio il caso di dire che l'occasione non solo fa l'uomo ladro, ma ricorda all'adulto i sogni fatti da ragazzo.
Un po’ troppo mellifluo il finale, a me pare molto più patetico questo libro rispetto a Che cosa ti aspetti da me?, che a leggere solo il titolo lasciava presagire una danza fra desideri, aspettative e sentimenti.
Rileggendo questo post...penso non sia giusta la definizione "pillola di saggezza", ma non riesco a trovare di meglio...magari è solo un invito, un'incitazione o un punto di vista. Insomma questo è il mio Licalzi...più che altro, di mio c'è solo l'interpretazione!
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